Artigiata mano
strappa dal petto
questo sanguinante core
così lo strazio non potrò sentir
in questo infausto dì
Gelido corpo
oh….. nefausta morte
al mio cospetto portasti
quel frutto del mio ventre
che culla fece nell’era
Oh…Tu che la vita gli donasti
perchè questo fato gli segnasti
La Madre Tua
questo dolore avei
non ti commise le Sue pene
le lacrime di dolore che la straziò?
Di Ella non ti pianse il cor
così pietà tu potesse avere
e di quel fato nessuna madre
potesse sembrar ricordo
Figlio di una croce insaguinata
perchè, l’oscura falce
tanciò le carni
del giovane innocente
ancora in fiore
iniziali passi spingea a dar alla vita
bensì l’averno opprimesti andar
Sorella sventura
con inganno cingesti la sote mia
che maleficio venga a mio soccorso
e di bestemmie tu possa sopperir
Oh… bocca che non odo più chiamare
Oh… labbra stradicate al mio baciare
gli occhi sono chiusi,
al sole, alla luna,
al ciel, al mare
e loro sono qui a pregare.
Candide veste fasciano
un ghiaggiato corpo
su un sepolcro dai ricami d’oro
Oh… gente piangete il mio dolore
Beati sopperite costei sventura
così ne possa far ragione
Oh… Dio pietà di me
tu non avesti
accogli la invocazione
di una madre
fa che lo giunga, ora, si…presto
Culla saranno le mie mani
sarà caldo tra le mie braccia
canterò la sua nenia
per una seren riposo
nel sepolcro tetro
solo non spetti stare.
Premio speciale del 5° concorso di poesia "Don Luigi Riva"
Critica:
Possono mai le parole esprimere lo strazio di una madre per la morte del figlio? Il componimento mostra un mirabile intraggio di ritno, linguaggio e immagini che toccono il cuore. Lo sfogo di una madre si intesse sui rintocchi soffocanti di lugubre lamento: preda di rabbia e dolore, ella colma il lacerante vuoto rivolgendo amari rimproveri a colei che sottrae e a Colui che dona la vita, ammaestrando al coltempo l’eloqio a preteriti toni esplosivi che proiettano l’ascoltare sul palcoscenico di una tragica veglia.
Ebbra di primavera
quel sorriso
nel traboccante azzurro
del mattino
splancato ai futuri sogni
dei risvegli
L’isola dei miraggi
accoglie un corpo
nel cerchio della solitudine
di un seno
sull’uscio socchiuso
dello sguardo
immagini tormentati
di mete imposte
dai sospiri
Nella notte
d’insonne
sul letto senza veli
una musica suona
violini
nell’altalena ansimante
dell’amore
Lacrime soffocate
inghiottite
e versate
ambiscono a cancellare
un amore
Nell’emozione
si distende
l’attesa
fragranza fruttata
sui petali di una bocca
che rapisce i sensi
e conduce
al centro dell’emperio
dove l’anima
brama prepotente
nell’assaporare solo
l’armonia della passione
irrodata
da linguali baci
fra attraenti braccia
di un corpo dissipato
nella foschia
del ricordo