Forse perché mio padre mi ha sempre indirizzato nella sua convezione di purezza nel sapersi donare nei sentieri altrui, ripetendomi la mano che dà, si cela, a quella che riceve, per non umiliare, soltanto donare calore al freddo dell’invisibilità. Sapere ascoltare poiché l’ascolto è una corda annodata che si snoda all’abbandono. Cerca di capirti, diceva con voce pagata, per comprendere gli altri, riflettei alle mancanze, cerca di correggerti nell’umiltà poiché la parola uccide, fa rinascere, crescere nella sapienza del sapere, cerca di conoscere e condividere quello che tu hai nella fame poiché in essa capirai. E m’indigno quando non si è insieme(parola espressione di volontariato) per un cammino di valori, un giovane cammino che deve portare al dialogo fra le persone in una nuova cultura dove l’altro riflette se stesso, domandandosi( es. Maria Teresa di Calcutta). Domando: io possessore di ricchezza umana come posso invocare e praticare la differenza, la abbandono, l’emarginazione. È solo sentimentalismo quello che si esibisce in un’associazione di volontariato? Domando. Finalità, solidarietà, determinazione, attività, espressione di dichiarazione d’impegno verso chi non può autodeterminarsi, affinché sia garantita alla persona una vita libera, serena, indipendente nel rispetto della propria dignità diventa utopia quando si compensano interessi personali nella consapevolezza di quello che si sta attuando. Il bisogno sollecitato a delle risposte alle attese sul futuro incerto già con il welfare assume in ogni sede di rappresentanza un livore contro chi (pur sapendo, di essere dimissionario) cerca di portare avanti quelle tematiche condivise con altri  nell’ attenzione della dignità umana, contro ogni disuguaglianza

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