La primavera è arrivata
con un fischio pazzo
allunga la giornata
anche le farfalline
più piccole
sono molto carine
i fiori profumati
sono ormai germogliati
i frutti succosi
sono molto gustosi
le rondini volano nei prati
che da noi sono molti amati
In questa lirica si racchiude e si celebra un’unione, che l’autrice Alessia Chirico, se pur in tenera età, nove anni, insegue durante il corso della sua vita. In questi versi a rime baciate, si legge la determinazione dell’io poetico a farsi tutt’uno con le cose osservate, come se fosse l’unico modo di conoscerle veramente, come se annullare la distanza tra soggetto e oggetto equivalesse alla piena assunzione percettiva e conoscitiva. La Chirico ricerca il modo per sollevarsi dalla molteplicità sfuggevole con la stessa insistenza con cui in questa poesia si sviluppa il crescendo nelle metafore, il cui volo sembrano concentrare all’arrivo, alla meta da raggiungere.
Immacolata Cassalia
Vanno i pensieri vanno
a raccontare fantasie, forse desideri
pigramente assopite sopra a giacigli di margherite
fiore spontaneo, aperto alle mani, incurante
del dolore, sfogliato in petali, battiti di cuore
in cerca di un si, speranza non illusione
vanno i pensieri vanno
nello sciacquio dell’onde
fra lo schiumare dell’ombra d’un sole
già stanco di ripetersi alla sera
in un addio lacrimato di colori, persi
sul mare a citare memorie
vanno i pensieri vanno
e tu rimani là, ad aspettare
non sai cosa, chi, quando.
Erica cammina a stento e ha la vista offuscata, riesce solo a distinguere alcune ombre. Pensa a cosa è accaduto e non riesce a crederci, non riusciva a pensare che fosse successo proprio a lei. I suoi ricordi viaggiano alla ricerca della propria identità, ora ha solo bisogno di capire. Lentamente si lascia cadere e si accascia a terra stremata.( incipit sito web)
L’erba mitigò il suo corpo, percepiva la paura,lo accarezzava,gentilmente, per farle capire che lei era là a proteggere. La luna fatta capolino a tergo ad una nuvola appisolata, illuminò il suo viso cercando di capire. Erica era cerea, labbra carnose, violacee, occhi turgidi dal pianto, il mascara inciso sulle lunghe ciglia, colava, abbozzava una maschera cupa dai contorni incerti, le sfiorò con un fascio luminoso il viso, voleva cancellare le brutture Erica non capì quel gesto, di scatto si nascose il viso con le sue mani, a proteggersi. Proruppe un singhiozzo cadenzato, il seno ne computava il ritmo,risuonava nelle tenebre a svegliare. Ne colse il verso la brezza, turbata catturò profumi, li unse al suo corpo, voleva alleviarne il dolore. Erica non capiva, non poteva, s’era chiusa a riccio, rifiutava. Balbettavano le sue labbra, parole malferme, indecifrabile impastate fra saliva, lacrime e dolenza, solo qualche consolante veniva rubata in quella mitica notte,si cercò di ascoltare, di incollare a delle vocale soffiata dai respiri, sconvolse la parola: mamma. Si capì, si restò muti, le parole erano sterili, non camminavano, non lasciare orme in quella strada senza ritorno. Raccontavano i suoi spettinati capelli, arruffati dalla disperazione, raccontavano di una fossa svuotata di fresco, una vita fredda giaciuta e ricoperta da quella terra poco prima camminata, nel tempo,col tempo, memorie costruite, arricchite, non vuote e, la sua mano cucciola crescere nella sua , con la sua,divenuta sembiante, abbellita dalle medesime gioie, condivise nell’eleganza che le ritraeva come sorelle. Sembrate sorelle, sentiva ripetutamente queste parole, non feci mai caso anzi le piaceva. Ora che la verità l’avvolgeva, le capì, Erica era stata adottata, ne venne a conoscenza mentre le teneva la mano, quella mano rincorsa, presa e stretta nel tempo, ora stanca, indebolita, data alla resa. Scappò da quella stanza,col cuore in gola, non si volse indietro, la incalzava latrando la verità, cercava di occludere le orecchie con le mani. Poverina, bisbigliavano i passanti, che la vedevano correre sul selciato lacrimato, ferivano le parole, sapevano, pensava e la sua disperazione accresceva. Ora cercava risposte in quel luogo di rifugio mentre la notte guardata da mille occhi assopiva giacigli.