• Erica cammina a stento e ha la vista offuscata, riesce solo a distinguere alcune ombre. Pensa a cosa è accaduto e non riesce a crederci, non riusciva a pensare che fosse successo proprio a lei. I suoi ricordi viaggiano alla ricerca della propria identità, ora ha solo bisogno di capire. Lentamente si lascia cadere e si accascia a terra stremata.( incipit sito web)
    L’erba mitigò il suo corpo, percepiva la paura,lo accarezzava,gentilmente, per farle capire che lei era là a proteggere. La luna fatta capolino a tergo ad una nuvola appisolata, illuminò il suo viso cercando di capire. Erica era cerea, labbra carnose, violacee, occhi turgidi dal pianto, il mascara inciso sulle lunghe ciglia, colava, abbozzava una maschera cupa dai contorni incerti, le sfiorò con un fascio luminoso il viso, voleva cancellare le brutture Erica non capì quel gesto, di scatto si nascose il viso con le sue mani, a proteggersi. Proruppe un singhiozzo cadenzato, il seno ne computava il ritmo,risuonava nelle tenebre a svegliare. Ne colse il verso la brezza, turbata catturò  profumi, li unse al suo corpo, voleva alleviarne il dolore. Erica non capiva, non poteva, s’era chiusa a riccio, rifiutava. Balbettavano le sue labbra, parole malferme, indecifrabile impastate fra saliva, lacrime e dolenza, solo qualche consolante veniva rubata in quella mitica notte,si cercò di ascoltare, di incollare a delle vocale soffiata dai respiri, sconvolse la parola: mamma. Si capì, si restò muti,  le parole erano sterili, non camminavano, non lasciare orme in quella strada senza ritorno. Raccontavano i suoi spettinati capelli, arruffati dalla disperazione, raccontavano di una fossa svuotata di fresco, una vita fredda giaciuta e ricoperta da quella terra poco prima camminata, nel tempo,col tempo, memorie costruite, arricchite, non vuote e, la sua mano cucciola crescere nella sua , con la sua,divenuta sembiante, abbellita dalle medesime gioie, condivise nell’eleganza che le ritraeva come sorelle.  Sembrate sorelle, sentiva ripetutamente queste parole, non feci mai caso anzi le piaceva. Ora che la verità l’avvolgeva, le capì, Erica era stata adottata, ne venne a conoscenza mentre le teneva la mano, quella mano rincorsa, presa e stretta nel tempo, ora stanca, indebolita, data alla resa. Scappò da quella stanza,col cuore in gola, non si volse indietro, la incalzava latrando la verità, cercava di occludere le orecchie  con le mani. Poverina, bisbigliavano i passanti, che la vedevano correre sul selciato lacrimato, ferivano le parole, sapevano, pensava e la sua disperazione accresceva. Ora cercava risposte in quel luogo di rifugio mentre la notte guardata da mille occhi assopiva giacigli.

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