Son giunti,
cani di piombo
con papaveri gementi
a mietere sospiri,
quelli col cuore
di rospo e,
freddo di neve
Se penso, e non voglio,
rivedo quel prato
tremante di sole
è il silenzio
assassinato
dal cielo a
seppellire i morti.
Vacanze separate!
Udii, questa voce dissonante
elargita al silenzio che
scivolava sulla schiena nuda
incarnando un mugolio.
Colava il tempo a dorso del giorno
rileggendo nell’eco un brivido
ove l’ombra s’infrangeva negli scogli.
M’ abbandonai spoglia di parole
io che del dire
ne feci un’oratoria
piluccando nuovi cammini.
Le valige aperte
s’appellavano alla voglia
d’ evadere dalla staticità
quel limite cavalcato.
Presi un bichini,
un pareo, un biglietto
mi alzai in volo.
Posai i piedi nella bonaccia
ridestata da una bocca
fusa nel sonno
e di altri tramonti
non dissonante
Lei era là
a piedi scalzi
sulla sabbia umida e fresca
si lasciava accarezzare dalle onde
i suoi occhi
erano quelli del mare
guardava la luna
e il suo chiarore
inseguiva i suoi desideri
rincorreva i suoi sogni
sicura che nessuno
li avrebbe mai rubati.
La guardai incantato
mentre un gabbiano le diceva:
addio
e poi riprese a volare
solcando il mare.
Si girò, mi guardò
dissipandosi
in una lacrima schiumosa.