•  Sento

    questo tuo lambire freddo

    uggia nebbia d’un sorriso.

     

    Sento

    mani affissi, crocifissi

    nel derma puro

    del tuo essere.

     

    Sento

    l’angoscio pensiero

    gelare il sangue,serrando

    lo stomaco sui  quei

    tocchi che sdraia

    la mestizia nella sera.

     

    Sento

    ma non voglio udire

    lo svanire della speranza

    e  l’avvertire della morte

    nell’annunciato addio.

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  • La mano si avvicina alla bocca con movimenti lenti, una due, tre, quattro, dopo un po’ non si contano più i pezzi di vita che cadono in ogni pastiglia. La pesantezza di un’esistenza, la sicurezza di non avere mai avuto la certezza di assaporare la felicità, continuano a scendere in quel corpo adagiato su un divano d’un grigio spento. Si chiamava, così, Irma, fiore inebriante in un corpo minuto. Lei era sempre lì davanti alla porta, la luce risplendente sul viso, gli occhi cristalli con mille sfaccettature, raccoglieva ogni sorriso passante in un quartiere che non era il suo. Per casa mille ricordi vaganti, dove solo l’odore persistente dei muri cocenti di voglia di vivere aspettavano il giorno e poi la sera per tracciare qualcosa di lei. Un giorno sazio d’autunno di siepi e alberi stecchiti, Nando si avvicinò privo di ogni pensiero e la baciò. Lei rimase immobile per qualche istante, poi ricambiò quel bacio, non una parola, non una frase. E’ camminando in quel delirio, che incontrò quel dannato vestito d’angelo, pensò lui a farla sbocciare in un altro fiore. Nando girava con la sua alienazione, quando voleva fuggire, ”sognare”, diceva lui. Un giorno, un calcolo sbagliato, cadde nel bagno, il viaggio era incominciato, quello che terminava con il pianto di chi l’aveva amato. Lei si iniettò di quel veleno forse vivere era più difficile, nascose la verità nell’intimo di una falsità ben concepita. La portarono su letti bianchi dove la gioia è nascosta dalla speranza ma la solitudine ninfa di un viaggiare la fece tornare nel suo limbo. Ossessiva, solo la morte fa contorno, ora, al suo essere.

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  • Ora i miei anni
    odorano di fresco,
    custodiscono la vita
    nel cavo di una mano.
     
    Le albe parlano di luce
    correndo a piedi nudi
    fra papaveri di sogno.
     
    Non più il pianto
    sui trifogli e,
    sulle pavide ginestre
    che lasciava sulla pelle
    pozzanghere di nulla.
     
    Al mio domani
    il senso della vita.
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