Chi fugge, lo sai, sono l’attese,
canti estivi saliti sugli alberi
nei sordi giorni di marcio fogliame
a lacrimare sete.
Che importa, chi resta,
nelle finestre spente
a sbriciolare il canto serale,
tremando volti chini,
a cogliere distanze e vento.
Invito i tuoi deserti a coprirmi
in attesa di inquieti giorni
mentre l’attimo lambisce
quel seme al sole
che sugge muto nel suo tepore.